GENTE CHE VA, GENTE CHE VIENE
“Gente che va, gente che viene e mai niente di nuovo“, diceva un vecchio film.
Lo diceva una matura ospite del lussuoso albergo dove era ambientato il film, o meglio dove erano ambientate le vicende dei personaggi che vi soggiornavano: lo diceva due volte, all’inizio e alla fine del film.
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Anche il famoso lago dei frati era un po’ così: c’era gente che veniva, stava una stagione, magari qualcuna di più, poi spariva e ne arrivava altra.
Era stato così anche per i gestori succedutisi in… quanti anni? Venti? Trenta?
C’era, forse, uno solo dei frequentatori che se lo ricordava: c’è sempre ed ovunque una memoria storica.
Lui ricordava una signora che rimase un solo anno a gestire il lago da sola, col figlio di una decina d’anni, cicciotello anziché no, che ogni mezz’ora gridava: “Mamma, panino!” dall’altra parte del lago e lei gli scaldava un panino pre-confezionato e glielo portava, ma così da sola, col figlio pantagruelico, non poteva gestire il lago e farlo fruttare a dovere.
Poi venne un’altra signora, il cui figlio gestiva un negozio di articoli per la pesca in un paese lì vicino.
Un tempo vi lavorava anche il marito, ma poi questi ebbe un ictus, rimase semi paralizzato e lei doveva badare a lui, al lago, seguire i figli che un po’ sottovalutavano il lavoro, come tutti i giovani.
Forse molti non se ne rendono conto, ma un lago per la pesca sportiva è un’attività abbastanza redditizia, ma bisogna seguirlo, farlo crescere, capire cosa vogliono i frequentatori, immettere spesso pesci nuovi, altrimenti sarebbe come gestire un negozio con gli scaffali semi – vuoti.
Anche la seconda signora, così, dovette abbandonare la gestione del laghetto ed andò a lavorare in un grande negozio di giocattoli.
Dopo di lei subentrò una società di pesca che lo prese in gestione, ma più per uso personale che per farlo fruttare economicamente e c’era da pagare l’affitto al proprietario del terreno, la concessione dell’acqua, la corrente, i fornitori del bar annesso al lago, così anche questi durarono solo pochi anni.
Infine venne l’attuale gestore, che già aveva un altro lago a una trentina di chilometri da lì: lui sì sapeva come farlo funzionare: lo teneva, e tiene, pulito, immise nuovi pesci, almeno all’inizio e trote ogni ogni giorno portate da un camion dell’allevamento tutte le settimane.
Però che anche lui ora non riesce più a seguire due laghi e quello dei frati l’ha affidato a un dipendente, un parente acquisito che, forse, presto se ne andrà a fare un altro lavoro che più lo attira: gente che va, gente che viene…
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Anche e soprattutto fra i frequentatori c’è un ricambio continuo: i bambini diventano ragazzi e seguono la scia dei ferormoni femminili, i ragazzi diventano uomini e c’è la famiglia, il lavoro, gli uomini di trent’anni fa ora sono anziani e con problemi di salute e i vecchi… quelli sono andati a pescare nelle grandi praterie.
Forse il più longevo, dal punto di vista della frequentazione del lago, era stato Tony: a parte la “memoria storica” del lago, lui era il solo ad avere visto tutte le gestioni succedutesi, poi l’età e la salute lo avevano vinto: basta mostri giganti, ora ha ripreso ad andare a pesca sul lago, ma a Sesto Calende, oppure a Lecco, specchi d’acqua vicini a casa sua, su al nord.
Arriva, tira fuori dal bagagliaio dell’automobile una comoda poltrona pieghevole, poi una leggerissima canna fissa (che una volta i garisti chiamavano “velocette”), innesca un bigattino e si dedica ad una tranquilla pesca alle arborelle, ma anche triotti, vaironi, pescetti, insomma, poco impegnativi fisicamente.
Ne pesca a sufficienza per una frittura, magari un po’ di più se ne ha promessi a qualche vicino di casa, poi raggiunto il numero prestabilito libera le catture successive, ma ad ogni abboccata, ad ogni sprofondare del minuscolo galleggiante, gli sembra che possa essere il “re del lago” o un altro “mostro” ed allora forse gli scappa una lacrima, ma forse sono i suoi occhi da vecchio, sì perché è dura invecchiare ed avere tanti ricordi di momenti che non possono ritornare.
Anche Pietro, il suo piccolo allievo, ora è un uomo ed anche lui segue quella scia misteriosa che lo porta dietro all’altro sesso.
Qualcuno dei vecchi frequentatori ha cambiato lago per cercare nuove prede, nuovi stimoli.
Il vecchio scorbutico e permaloso Leopoldo dopo una insulsa lite col proprietario, ora va in mare, sul porto a pescare orate, serra, rondinini, almeno così dice lui…
I piccoli, la banda dei ragazzini terribili, che fine ha fatto? I gemelli napoletani, i ragazzi che liberavano i pesci nel fosso d’uscita dal lago, per poi andarli a pescare là, in mezzo alla campagna, tranquilli e soprattutto senza pagare un ingresso, dove sono finiti, che fine hanno fatto?
Quella di tutti i ragazzi che… non sono più ragazzi, ma uomini: fidanzati, sposati, lontani per lavoro, il calcetto il giovedì, in pizzeria il sabato o forse si sono solo stancati della pesca, ma forse fra qualche anno li vedremo portare i figli al laghetto ed insegnare loro tecniche che per allora saranno superate.
Neppure Sebastiano frequenta più il lago dei frati: dopo la vicenda di Fabio non ne ha più avuto il cuore: ad ogni storione che allamava gli sembrava di sentire la risata di felicità e i commenti del suo piccolo amico ed allora si metteva a piangere e, via, non è dignitoso per un uomo maturo, così, in mezzo a tutti!
Cosa faccia ora, come passi i suoi pomeriggi estivi, non è dato saperlo: ci sono tante cose da fare… magari dopo ferragosto andrà a funghi, così, tanto per dirne una, per fare un’ipotesi: in fondo la pesca come la raccolta di funghi sono spesso un pretesto per stare nella natura.
Fra i nuovi frequentatori, oh sì, perché il lago c’è sempre, lì, immutabile, seppure con un nuovo uomo di fiducia del proprietario (che non molla), seppure con un nuovo pubblico, ci sono nuovi utenti, nuovi personaggi, nuovi ragazzini che hanno raggiunto l’età per dedicarsi con impegno alla pesca, ma non ancora alle coetanee, nuovi uomini che prima chissà che diavolo facevano, fra questi, dicevamo, c’è Antonio, che come nome è un po’ come Toni, dunque un ciclo che si chiude o che ritorna.
Antonio è stato denominato “lo sperimentatore”.
Va detto che è un bravo pescatore, tanto che un giorno sull’Adda all’uscita dal lago di Como si trovò a pescare accanto a un ex campione del mondo e ne ricevette i complimenti, tanto più che aveva preso più pesci di lui, eppure qui non riesce mai a primeggiare.
Ci sono giorni che le abboccate sono scarse, altri che i pesci “ci danno”, ma non ci rimangono ed allora altri, che a suo giudizio non sono dei campioni, prendono più pesci di lui, prendono i giganti che a lui mancano.
Sarà che fanno un tipo di pesca diverso, con fili più sottili ed invisibili, fili che lui non può permettersi perché carissimi e così lui pesca “pesante”, ma i pesci in un ambiente così chiuso sono stati tutto più o meno catturati o punti ed allora sono diventati sospettosi e smaliziati, ma lui non molla e pesca come ha sempre pescato e pensa che meriterebbe di più, più di altri che dalla loro hanno solo l’attrezzatura più sofisticata e la pazienza, magari, di rifare più lenze strappate in un giorno.
Non è invidia, la sua, neppure la voglia di primeggiare, di battere gli altri, ma di battere se stesso, di cercare i propri limiti di battere i propri record (tutti i pescatori ne hanno: il pesce più grosso, il maggior peso in un giorno, in una stagione ecc).
Ed allora Antonio cerca di sperimentare le idee che gli frullano per la testa, soprattutto di notte, al buio, in attesa di un sonno che a volte è in ritardo come una bella donna.
Va detto che lui è uno che legge molto e che guarda in televisione i programmi sulla pesca e poi rielabora, memorizza, prova, sperimenta.
Era così con il formaggio; gli storioni abboccano a quello, ma i formaggini di una certa marca sono cari, poi col caldo si sciolgono e non tengono sull’amo, così ha provato diverse qualità, fra quelle a prezzo abbordabile ed ha trovato il giusto compromesso.
Ma ancora non gli basta: ci vorrebbe un’esca assoluta, che li faccia impazzire.
Aveva letto che gli amur, i cosiddetti cavedani ungheresi, impazziscono per l’aglio e lì, nel lago dei frati, non ci sono amur, ma carpe e storioni e questi hanno dei bargigli che hanno funzione sensoriale perché questi sono pesci che si nutrono sul fondo e vanno ad olfatto ed allora perché non provare con l’aglio? Male che vada se non altro terrà a distanza altri pescatori troppo invadenti e gli concederà una sorta di zona di quarantena.
Così ha provato ed ha scoperto che l’aglio funziona, ma poi ci sono stati ancora un paio dei suoi “nemici”, nel senso di competitori, che lo hanno battuto, che si vantano di aver preso in un solo giorno un numero spropositato di pesci.
Ma se ora il problema non è il numero di abboccate, ma di catture ad ognuna di esse, ci deve essere un problema di sensibilità al pittare del pesce.
Già, pittare: glielo avevano insegnato al mare quel termine.
Quando andava in Liguria ed andava a pescare a bolentino, usava una piccola canna per il recupero dei settanta e più metri di filo, ma per sentire le abboccate teneva il filo in mano, visto che il dito è più sensibile della canna.
E allora, via, si prova anche quella.
Antonio lancia la lenza, poi tende il filo, ma non troppo, perché i pesci non devono sentire resistenza quando mangiano, quindi appoggia la canna e regge il filo fra pollice e indice ed allora sì che è un piacere sentire anche il più piccolo movimento: è un po’ come avere i pesci al… telefono.
Certo ci è voluto un po’ per trovare il modo e il momento per passare dalla ferrata a mano al recupero, ma del resto lui è lo sperimentatore…
E così alla fine ci è riuscito: cinquanta prede in un pomeriggio!
Forse non è il record del lago, ma è il suo obbiettivo: ogni lancio un’abboccata ed ogni abboccata un pesce recuperato: meglio di così…
Si potrebbe dire la pescata perfetta, ma magari la prossima volta non sarà più così.
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Ora che Antonio, lo sperimentatore, ha raggiunto il suo scopo: che cosa farà? Continuerà a prendere trenta, quaranta o più pesci per volta o si dedicherà ad altro. Ad altre sperimentazioni?
Forse cambierà lago, cambierà ambiente, magari andrà in mare oppure…
Gli hanno detto che c’è un altro laghetto a pagamento a un’ottantina di chilometri da lì dove ci sono certi bestioni: pesci gatto africani di oltre venti chili, storioni di trenta, quaranta chili, carpe da record.
Occorrerà sperimentare nuove attrezzature, trovarle possibilmente in qualche mercatino dell’usato, scoprire il filo giusto come calibro, la giusta misura di amo.
Certo ottanta chilometri sono tanti, la spesa, compresa la benzina, comincia a diventare importante per uno che, come molti, è vittima della crisi, che rosica il centesimo per pagare bollette e condominio e per campare, ma magari una volta ogni quindici giorni…
Certo che oramai un’altra estate è passata, un’altra stagione di vacanze e di pesca: magari il prossimo anno.
Chissà se fra dieci mesi ci sarà ancora Antonio, ci saranno ancora i due adorabili bambini francesi che lo tormentavano per farsi legare gli ami, se ci saranno ancora i suoi nemici sconfitti, se ciò che lui ha sperimentato e scoperto sarà di utilità ad altri che lo vorranno copiare.
Chissà…
Gente che va, gente che viene e mai nulla di nuovo.