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CAMPO DI BATTAGLIA

CAMPO DI BATTAGLIA

 

L’atmosfera era cupa, immota, silenziosa, di quel silenzio che precede i grandi eventi, le grandi battaglie.

Piano, piano e mano a mano che passava il tempo, arrivavano gli schieramenti, dall’una e dall’altra parte a rinforzare le avanguardie, celandosi dietro le asperità della zona dove sarebbe avvenuto lo scontro per non far sapere fino all’ultimo minuto alla parte avversa la consistenza numerica delle loro truppe.

indexAvevano aspetto diverso: i due schieramenti erano i classici, i buoni da una parte, i cattivi dall’altra, come sempre avviene in ogni battaglia.

Ma quella non era una battaglia normale: era LA battaglia, quella definitiva che avrebbe sancito il vincitore definitivo di quella guerra breve ma terribile.

La vittoria dei buoni avrebbe significato vita, quella dei loro avversari morte.

Non c’era via di mezzo.

Era, tutto sommato, uno scontro frontale come quelli d’altri tempi: niente artiglieria pesante, niente aviazione, tanto meno navi, solo un sanguinoso corpo a corpo, perché gli avversari non andavano solo battuti, sconfitti, ma andavano annientati fino all’ultimo elemento.

I buoni si presentavano come una marea sconfinata di colore bianco, cosicché quando avessero dato il via all’assalto finale l’impressione anche visiva sarebbe stata quella di un’immensa spuma d’onda che spazza via tutto e tutti, a costo della propria vita.

Del resto era previsto che anch’essi avessero delle perdite, molte, probabilmente, ma l’importante era che alla fine loro avessero dei superstiti, mentre il nemico no.

Tutto questo poteva apparire crudele? Nemmeno per sogno: l’importante non era la vita dei singoli individui, ma lo scopo ultimo e supremo, la vittoria finale e la fine di quel conflitto da cui dipendeva, come detto, la vita o la morte.

Ed ecco che senza preavviso i bianchi attaccarono la marea grigia: quelli erano tanti, ma loro erano di più e più forti e avevano Solferino_BattagliaR375appena ricevuto rinforzi importanti.

La battaglia infuriò per una intera giornata, l’atmosfera era diventata rovente, la temperatura aveva superato i quaranta gradi; poi, all’improvviso, tutto finì, a terra solo i corpi delle vittime: molti bianchi e tutti i grigi.

La battaglia della e per la vita era finita e i buoni avevano trionfato.

 

* * *

 

Ora che tutto era passato, che i buoni avevano vinto, il bambino si alzò a sedere sul suo letto.

Le medicine, gli antibiotici, i chemioterapici, avevano fatto il loro effetto andando in soccorso agli anticorpi, in difficoltà contro la malattia.

I cattivi batteri che l’avevano fatto ammalare erano stati annientati, la battaglia, quella per la sua vita, era stata vinta.

Mamma, guarda, sto bene, non ho più la febbre. Perché sono guarito? – chiese nell’ingenuità dei suoi cinque anni – gli omini scbuoni che il dottore mi ha dato hanno vinto?”.

“Sì, tesoro – rispose la madre con le lacrime agli occhi – i buoni hanno vinto e i cattivi hanno perso”.

“E non torneranno più?” adesso che era guarito, o almeno adesso che si stava riprendendo, era ritornato il bambino con mille domande, avido di assorbire ogni conoscenza.

“No, amore mio, mai più” la madre era abituata a quel milione di domande: anche questo è crescere.

Perché disilluderlo dicendogli che la vita gli avrebbe, probabilmente, portato altre battaglie per la vita da vincere e che alla fine, l’ultima, l’avrebbe perduta?

E non c’è  più nemmeno un soldato cattivo dentro di me?”.

“No, sono tutti morti”.

“Poverini, però…”,  concluse il piccolo.

Eh già, i bambini non sono capaci di odiare, neppure chi vuole fare loro del male.

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Pubblicato da su luglio 28, 2016 in Racconti

 

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